Stimolo Generoso di Virtute

Foligno, 10 febbraio 1613.

E’ Carnevale.
Cinque nobili giovani si sfidano in Piazza Grande ad una competizione che deve dare risposta ad un particolare quesito di non facile soluzione.
La Piazza è gremita di folla.
I Magistrati, che hanno indetto la Giostra, ed il Cancelliere sono ai loro posti, i giudici di gara alle loro dislocazioni.


Una felice occasione, il matrimonio di due giovani nobili di Foligno, il 25 aprile 1906, ricordarono al decano del Capitolo del Duomo, Mons. Faloci Pulignani, di replicare un modulo antico relativo alle celebrazioni di nozze illustri.

In questa maniera, in omaggio alla coppia, pubblicò un documento inedito che trattava diffusamente della Quintana nel 1613 ed enormemente importante per la Giostra della Quintana moderna che a quell’avvenimento certo e documentato, di quasi quattro secoli fa, s’ispira massimamente.

Lo riproduciamo per questo nelle sue parti essenziali.

Nei secoli passati ebbero luogo in Foligno, come altrove, delle pubbliche giostre, nelle quali la gioventù mostrava il proprio valore, esercitandosi nelle armi, rallegrando i cittadini con quelle finte battaglie, le quali, mentre da un lato erano un lieto divertimento, erano dall’altro lato utile palestra di abilità e di forza.
Tradizionale era il giuoco, così detto, della Quintana, o Inquintana, la cui origine si perde nelle tenebre del Medio Evo, e che consisteva nel saper colpire con maggiore o minore destrezza una rozza statua di legno, che si esponeva nella Piazza Grande il giorno di S. Antonio (17 Gennaio), e stava colà per tutto il Carnevale.
La collocazione annua di questo fantoccio nel solito luogo indicava il principio del Carnevale, ed era la nobil famiglia del Barone de Gregorii che aveva il dritto di custodire quel simulacro, di vigilarlo mentre stava al pubblico, e riportarselo poi in casa, nei magazzini della quale esiste tuttora.

Siamo agli inizi del XVII secolo, e i Magistrati Comunali (che allora si rinnovavano ogni due mesi, ed abitavano continuamente in Palazzo, mantenuti a spese del pubblico), correndo il Carnevale del 1613, discutevano amichevolmente col loro Cancelliere sopra un tema geniale, imitando in piccole proporzioni le dotte conversazioni che avevano rallegrate le Corti Italiane del Cinquecento.
A Foligno poi quelle ricreazioni letterarie erano note anche per una ragione tutta locale cioè perché era di Foligno quell’Antonio Ceccarelli autore di molti volumi, il quale, avendo ridotto per commissione del Papa il Cortigiano di Baldassarre Castiglione alla forma voluta da lui, non poteva non averlo reso molto noto ai Concittadini suoi.

Ora dunque, sul principio del Febbraio di quel l’anno, i Priori ella Città, cioè i sei nobili Cittadini chi adempievano agli incarichi che oggi sono attribuiti alla Giunta Comunale, presero a discutere se, per un Cavaliere d’onore, fosse più piacevole cosa aver la grazia del Principe, o il favore di una bellissima Dama.

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Si portarono ragioni in difesa dell’una e dell’altra sentenza, ma, come è solito, ognuno rimase del suo parere, né la tenzone geniale ebbe fine.

Pensarono allora quei Signori di affidare alle armi la soluzione del dubbio, e, detto fatto, indissero una Giostra, riservata alla Gioventù Nobile di Foligno, e stabilirono norme e patti, e vollero che i difensori dell’una e dell’altra opinione difendessero la verità di essa col valore delle armi, e quella delle due opinioni fosse ritenuta per vera, i difensori della quale con maggiore e migliore numero di colpi avessero ferita la Quintana!
Curioso modo questo di conoscere la verità se non si fosse trattato di un mezzo onesto e lieto per divertire i cittadini, i quali, occupati e trattenuti da rappresentazioni così utili e innocenti, venivano a ritrarsi da quei passatempi molto meno utili e innocenti che vennero poi…
Colla soddisfazione della vittoria, i giovani Patrizi venivano stimolati anche dal valore di ricchi doni, imperocché i due vincitori ebbero in premio, il primo una collana di oro, ed un gioiello il secondo.

 

 

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La gara consisteva nel colpire con una lancia di legno il simulacro ligneo rappresentante il dio Marte in modo che nell’urto la lancia si spezzasse. Venivano premiati i colpi ritenuti mortali : 4 botte (punti) per gli occhi, 3 dalle ciglia in su, 2 dalle ciglia alla bocca , altri bersagli nessun punto.

Erano le ore venti del 10 Febbraio 1613, e la piazza era gremita di spettatori. Le fenestre, le torri, le logge formicolavano di persone, mentre sovra un ricco palco sedevano i magistrati con i Giudici Deputati, e col Cancelliere della Comunità.

 

 

 

 

Ecco i nomi dei Magistrati.

Il magnifico Sig. Antonio Poggi, Capo Priore

Il Sig. Cavalier Piero Gregori

Il Sig. Carlo Cavallucci

Il Sig. Gio. Bernardino Finucci

Il Sig. Dionisio Cangi.

Il Sig. Francesco Rubini Prior Novello.

I Giudici furono il Capitano Gian Paolo Fastra, e Prospero Cottonei; il Mastro di Campo fu il Capitano Aurelio Consoli; il Cancelliere era Ettore Tesorieri.

Corsero la giostra cinque nobili giovani, che qui ricordiamo secondo il numero dei colpi che fecero.

Il Sig. Bartolomeo Gregori, che si era fatto chiamare il Cavalier Fidele, e che fece nove colpi, riuscì primo. Riuscì secondo con sette colpi il Cavalier Confidente, cioè il Sig. Cesare Barnabò, e questi due ebbero i due premi assegnati.
Riuscì terzo con 3 colpi il Cavalier Moro, cioè il Sig. Gio. Antonio Beccafumi; quarto con 2 colpi, il Sig. Pieragostino Unti, che si chiamò il Cavalier Saggio, essendo riuscito completamente in fallo Pietro Marcelli, cioè il Cavalier Turco.


 

Rileggendo il minuto capitolato e le considerazioni che lo precedono, crediamo doveroso ricordare il nome di chi, secondo noi, fu il promotore, l’organizzatore, anzi il tutto di quella Festa.

Abbiamo letto poco fa il nome del Cancelliere del Comune (oggi diremo del Segretario), Ettore Tesorieri.

Forse fu egli la mente direttiva di tutto.
Egli era nato in Andria nella Puglia, verso il 1550, ma la maggior parte del tempo l’aveva passato nell’Umbria, amministratore dei feudi dei Baglioni in Cannara, Cancelliere, Camerlengo del Comune di Foligno, Musico valoroso (nel 1618 avea fatto eseguire nella Cappella Sistina una sua Messa a cinque voci), autore di molte poesie, e nelle cose pubbliche valentissimo.
Fu nominato conterraneo di Cannara, Patrizio di Perugia e di Foligno, dove avea un amico carissimo in quel Francesco Cirocco, che alla nobiltà del sangue univa grande amore pel paese suo, e che, come fece per altri, così fece nel 1626 pel Tesorieri, pubblicandone le principali poesie con i tipi dell’Alterii, in un raro volumetto, che, secondo lo stile di quel tempo, intitolò la Penna insensata del Sig. Ettore Tesorieri.

Niuno meglio di lui potea ideare quella festa, e fu proprio egli che la ricordò e la descrisse in uno di quelli preziosi volumi dell’Archivio Comunale, che si chiamano Magistrati, perché contengano i nomi e gli stemmi dei Magistrati, bimestre per bimestre, e che spesso contengono i ricordi di avvenimenti eccezionali, che non hanno molto rapporto con le finanze del Comune, ma sono sempre utili ricordi della vita cittadina.

Alcune pagine di quei libri, anche sotto l’aspetto dell’arte (per esempio agli anni 1589, 1590, 1591, 1598) sono di molto valore: taluna ha per autore il nostro Ettore Tesorieri, che vi lasciò il nome (per esempio nel 1603, nel 1604): talaltra conserva memorie, che per lo studio di quelle epoche, così vicine a noi, ma nondimeno così poco conosciute, sono di molto interesse.


 

E tuttavia nel documento, così circostanziato, non è detto se il Cavalier Fidele o il Cavaliere Saggio abbiano spezzato le loro lance per la dama o per il principe.

Il quesito, dunque, attende ancora una risposta

 

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