Direttivo

Le Vittorie porteranno il tuo nome

Ogni cosa che faremo nei prossimi quattro anni sarà dedicata a te e a realizzare quel sogno barocco che ti portavi dentro.

La tua passione erano i gareggiare dei convivi che organizzavi con lo stesso puntiglioso impegno di un Vatel al femminile. Controllavi tutto nei minimi dettagli: il menu, la qualità degli ingredienti, la piegatura dei tovaglioli, i musici, gli allestimenti.

Una volta siamo state un’ora a decidere se la cucitura dei tovaglioli per la piegatura andasse fatta a mano o a macchina: piccolezze che alla fine facevano la differenza. Poi arrivava il momento dell’assaggio dei piatti gara che per me era un incubo, ogni boccone doveva essere semplicemente perfetto con la giusta quantità di salsa e il migliore abbinamento con il vino. Ricordo i fiori di campo che amavi venissero disposti sopra ogni pietanza e la progettazione maniacale delle decorazioni. Mi davi filo da torcere, è vero.

A ogni Gareggiare spostavamo l’asticella della perfezione un po’ più in alto, se io avevo un’idea che ti piaceva tu subito la volevi realizzare più in grande, come quella volta che avevo proposto di fare un piccolo balconcino di zucchero da disporre sopra al tavolo dei giurati. Dopo pochi giorni ti sei presentata con un architetto e il progetto per una balconata rinascimentale, alta un metro e larga cinque, completamente da ricoprire in zucchero. Io mi sono messa le mani nei capelli, ma per te non era ancora abbastanza, il trionfo si sarebbe dovuto montare e smontare dinanzi ai commensali per un finale meraviglioso. 

Ecco questa eri tu: se progettavamo le portantine tu volevi che gli oggetti sopra di esse venissero fatti girare azionati da una manovella; le apparecchiature dovevano essere favolose, le coppe bordate d’oro rubate dalla credenza di tua madre che non dovevamo rompere, le forchette per i giudici a due rebbi fatte modificare dal fabbro e invecchiate nell’acido, chili di canditi a frutto intero fatti arrivare direttamente dalla Sicilia e poi i fiori rigorosamente seicenteschi, amavi le orchidee ma credevi che fossero più adatti i gigli bianchi, la frutta doveva essere piccola e con delle imperfezioni come nei quadri del Caravaggio, ogni volta ti rammaricavi di non trovare da nessun fornitore i cedri né a giugno né a settembre, poi, quando alla Festa delle Rose di Spello abbiamo trovato l’acqua di rose purissima per il lavaggio delle mani, finalmente ti sei mostrata soddisfatta.

Organizzavi i Gareggiare con una serietà assoluta: ti arrabbiavi se gli altri non prendevano la cosa seriamente come volevi, se qualcuno non si presentava alle prove degli spettacoli e del servizio. Quando collegavi una piccola cassa che ti portavi in borsa e dall’iphone usciva musica barocca, tutti dovevano danzare, recitare e servire con il massimo dell’impegno per raggiungere il miglior risultato possibile. Hai dato il ben servito a uno dei più famosi cuochi d’Italia perchè avevi la sensazione che non prendesse l’impegno con la necessaria dedizione. 

Poi c’erano gli animali rinascimentali che facevi partecipare per lo stupore dei commensali: adoravi i falchi e le civette bianche, una volta hai fatto entrare nelle sale di Santa Caterina un cavallo a fare l’inchino finale, tutti erano rimasti meravigliati eppure era da un mese che provavi a contrattare per l’arrivo di un animale più esotico: ci vorrebbe un elefantino dicevi ridendo, ma scherzavi veramente? Penso di no, perchè eri capace di cose inimmaginabili come quando un volo di farfalle tropicali inondò palazzo Orfini in febbraio e da quella volta capimmo quanto sapessi sognare in grande e come riuscissi a trasformare quei sogni in realtà.

Le parole non sono sufficienti a descrivere quel tuo puntiglio che ci spronava a fare sempre meglio e sempre di più, quelle idee che in grandiosità e ambizione superavano le idee di tutti.

Alle questioni quintanare dedicavi tutta te stessa gestendole con eleganza e fermezza. 

Quando sfilavi portavi l’abito con portamento nobile come se non avessi mai indossato altro, e non potrò mai dimenticare quell’unica volta che sfilammo insieme, il tuo passo, le perle al collo, il fazzoletto ricamato che stringevi fra le mani insieme a una rosa rossa, il tuo sguardo fiero che da solo bastava a rappresentare la fierezza di questo Rione.

Eri sinceramente e profondamente tifosa del Croce Bianca e quando ti venivo a salutare in tribuna d’onore a stento riuscivi a nascondere la tua imparzialità con il fazzoletto rosso che spuntava dalla tasca della giacca. Quanti ospiti hai abbandonato nelle tribune per precipitarti in mezzo al Campo a gioire di Vittoria? 

Ecco ti prometto tutte le Vittorie da qui ai prossimi quattro anni porteranno il tuo nome: Eleonora.

di Roberta Bizzaglia

Translate »